- Dettagli
-
Pubblicato: Lunedì, 09 Marzo 2015 12:34
-
Visite: 3381
La Regione Campania con decreto dirigenziale n. 14551 del 19.12.2002, pubblicato sul B.U.R.C. n. 63 del 23.12.2002 bandiva un concorso per 6 posti di dirigente ingegnere gestionale.
Il bando prescriveva espressamente quale requisito di ammissione la laurea in ingegneria gestionale o in economia e commercio.
A tale procedura partecipava il collega ingegnere XXX, in possesso della laurea in ingegneria elettronica.
Con nota del 21.10.2003 veniva comunicata all’interessato l’esclusione dalla procedura, disposta con decreto dirigenziale n. 2932 del 20.10.2003 per carenza del requisito del titolo di studio di cui all’art. 2, lett. b), del bando.
Avverso tale esclusione il ricorrente proponeva ricorso al T.A.R. per la Campania impugnando anche le disposizioni del bando, con particolare riferimento all’art. 2, lett. b), nella parte in cui avevano fissato i titoli di studio per l’ammissione al concorso.
Il Tribunale accoglieva la domanda di tutela cautelare proposta ammettendolo con riserva alla procedura concorsuale. L'Ingegnere, infatti, partecipava grazie al provvedimento cautelare adottato dal TAR, alle prove scritte e orali della selezione .
Con successiva memoria il medesimo esponeva di aver sostenuto le prove scritte e orali della selezione classificandosi utilmente in graduatoria, e replicava alle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale adducendo che il superamento delle prove denotava il suo possesso delle conoscenze e delle esperienze necessarie per l’accesso al posto.
All’esito il T.A.R., con la sentenza n. 10796/2004, dichiarava il ricorso inammissibile, accogliendo l’eccezione regionale basata sulla mancata impugnazione tempestiva del bando.
Il collega ricorre successivamente al Consiglio di Stato.
Anche il Consiglio di Stato ha confermato la correttezza della sentenza del Giudice di primo grado. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, infatti, con la sentenza del 25 febbraio 2015 ha respinto l'appello richiamando l’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo il quale i bandi dei concorsi indetti per l'assegnazione di posti di pubblico impiego, se contenenti clausole immediatamente lesive delle aspirazioni dei candidati, per il fatto di imporre determinati requisiti di partecipazione anziché altri, vanno tempestivamente ed autonomamente impugnati, dal momento che costituiscono la lex specialis del concorso: onde è nei loro confronti che vanno subito sollevati i dubbi di legittimità nutriti sulla disciplina da essi dettata per la procedura selettiva.
Giova ricordare che il Tribunale ha constatato che l’esclusione del ricorrente dal concorso per la mancanza del titolo di studio richiesto era stata disposta in pedissequa applicazione dell’art. 2, lett. b), del relativo bando, il quale prescriveva espressamente come requisito di ammissione il possesso della laurea in ingegneria gestionale o in economia e commercio, laddove il ricorrente aveva conseguito la diversa laurea in ingegneria elettronica.
“Il T.A.R. ha inoltre rilevato che la disposizione del bando non era suscettibile di interpretazione estensiva da parte dell’Amministrazione, tenuto conto della sua chiara e inequivoca formulazione, e del fatto che non era prevista da alcuna norma l’equipollenza tra la laurea in ingegneria elettronica e quella in ingegneria gestionale: e su questa base ha respinto la tesi del ricorrente secondo la quale il bando non sarebbe stato immediatamente lesivo della sua sfera giuridica poiché - in tesi appunto - non univoco.
Il primo Giudice ha fatto quindi applicazione del consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale i bandi di concorso, ove contenenti clausole immediatamente lesive dell'interesse dei candidati, perché impongono determinati requisiti di partecipazione, devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati, con la conseguenza dell’inammissibilità sia della impugnazione rivolta solo contro il provvedimento di esclusione costituente atto meramente esecutivo ed applicativo del bando, sia - come nella specie - dell’impugnazione contestuale del bando stesso e dell' esclusione, ove siano già decorsi i termini per l’immediato ricorso contro il bando medesimo.”
Il Consiglio sostiene inoltre:
“- che il testo letterale della clausola era univoco nel senso che solo i laureati in economia e commercio o in ingegneria gestionale avrebbero potuto prendere parte alla procedura;
- che una clausola simile precludeva già inequivocabilmente ex se la partecipazione al concorso degli aspiranti che non fossero muniti di uno dei due titoli anzidetti (o di titolo dichiarato equipollente), sì da presentarsi con chiarezza, attesa la sua portata impeditiva, come lesiva dell’interesse degli aspiranti medesimi a partecipare alla procedura;”
“Da ciò l’inevitabile applicazione al caso concreto dell’orientamento giurisprudenziale, già posto a base della sentenza di primo grado, e tuttora consolidato, secondo il quale i bandi dei concorsi indetti per l'assegnazione di posti di pubblico impiego, se contenenti clausole immediatamente lesive delle aspirazioni dei candidati, per il fatto di imporre determinati requisiti di partecipazione anziché altri, vanno tempestivamente ed autonomamente impugnati, dal momento che costituiscono la lex specialis del concorso: onde è nei loro confronti che vanno subito sollevati i dubbi di legittimità nutriti sulla disciplina da essi dettata per la procedura selettiva (cfr. tra le tante C.d.S., IV, 27 giugno 2014, n. 3241; 22 maggio 2014, n. 2641; V, 25 giugno 2014, n. 3203; 21 novembre 2011, n. 6135).”
Commento e sintesi del Presidente della Commissione Monitoraggio Bandi e rapporti con ANAC
La sentenza
- Dettagli
-
Pubblicato: Venerdì, 27 Febbraio 2015 13:38
-
Visite: 3549
È legittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha revocato in autotutela l’aggiudicazione definitiva di una gara per interventi di manutenzione stradale, per il rifiuto da parte dell’appaltatore di dar corso all’esecuzione anticipata ed urgente dei lavori, sotto riserva ,nelle more della stipula del contratto, ed ha disposto l’incameramento della cauzione provvisoria e la segnalazione all’ANAC.
A seguito di una procedura di cottimo fiduciario indetta dal Comune di San Tammaro, la società XX è risultata aggiudicataria definitiva dei lavori di manutenzione straordinaria della viabilità comunale .
La stessa è stata invitata, con nota comunale prot. n. 3956 del 29 aprile 2013, a dare inizio ai lavori sotto riserva (nelle more della stipula del contratto) entro e non oltre il 2 maggio successivo, essendo stata ravvisata la sussistenza di motivi di urgenza “in considerazione dello stato di degrado in cui si versano alcuni tratti viari, con particolare riguardo alla Via Cimarosa e Via Benedetto Croce”;
- la medesima, nel riscontare tale nota con missiva del 2 maggio 2013, si rifiutava di dar corso all’esecuzione anticipata dei lavori adducendo il precario stato di manutenzione delle strade, non rilevabile in sede di partecipazione alla gara;
- il Comune di San Tammaro, con determinazione del responsabile del servizio tecnico n. 109 del 3 maggio 2013, revocava l’aggiudicazione definitiva intervenuta in favore della ricorrente, disponendo contestualmente l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione del fatto all’AVCP ed argomentando come segue: “la mancata consegna di fatto dell’appaltatore si configura quale palese inadempimento agli obblighi derivanti dall’aggiudicazione, atteso l’impegno di codesta ditta ad accettare la consegna dei lavori sotto riserva di legge, nelle more della stipulazione del contratto, presentato in sede di gara;
L’obbligo di ricevere la consegna sotto riserva deriva tassativamente dagli impegni di gara e il relativo adempimento non richiede, di norma, operazioni di tale complessità da non poter essere adeguatamente espletate; le osservazioni addotte con nota prot. 4066 del 02/05/2013 rinnegano di fatto, radicalmente, la validità dell’offerta, in cui invece codesta Ditta aveva attestato “di aver preso visione di tutte le circostanze generali e particolari che possano aver influito sulla determinazione del prezzo”;
Codesta Ditta ha sollevato pretestuose eccezioni in ordine alla realizzabilità dell’intervento, pretendendo, in sostanza, modifiche radicali; il comportamento di codesta Ditta risulta tutt’altro che volto alla collaborazione nei confronti dell’Ente ma teso, prima ancora di iniziare l’esecuzione materiale dei lavori, a sindacare le scelte mediante la sovrapposizione di proprie valutazioni a quelle dell’Amministrazione;”;
La ditta ha presentato ricorso al TAR chiedendo l’annullamento :della nota dell’Ente di dar inizio ai lavori sotto riserve di legge,della determina di revoca dell’aggiudicazione ,della determina di aggiudicazione al secondo classificato e di ogni altro atto lesivo della sua posizione.
Il TAR ha respinto in toto il ricorso adducendo le seguenti motivazioni:
“L’obbligo di accettare, in caso di urgenza, la consegna dei lavori sotto riserva grava sulla ditta aggiudicataria, anche provvisoria, in forza del dettato della legge, e precisamente in forza dell’art. 11, comma 9, del codice dei contratti, che attribuisce alla stazione appaltante il correlativo diritto potestativo (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, n. 12/2012 sez.III.).
Nella fattispecie, pur in assenza della stipula del contratto d’appalto, la società ricorrente si è sottratta all’adempimento di un’obbligazione di natura legale, a prescindere da ogni ulteriore considerazione discendente dalla circostanza che la medesima aveva formalmente dichiarato, già in sede di gara, “di accettare, qualora risultasse aggiudicatario, l’eventuale consegna dei lavori sotto riserva di legge nelle more della stipulazione del contratto.
-le esigenze di urgenza che rendevano indilazionabile l’esecuzione dei lavori sono state sufficientemente motivate, e portate a conoscenza della ricorrente, in una serie di atti formali dell’amministrazione, quali la lettera di invito, la nota prot. n. 2832 del 26 marzo 2013, intervenuta nel procedimento di verifica dell’anomalia, e, da ultimo, la nota prot. n. 3956 del 29 aprile 2013, recante l’invito a dare inizio ai lavori;
- infine, l’incameramento della cauzione provvisoria e la segnalazione all’ANAC si presentano pienamente legittimi e proporzionati, in quanto atti consequenziali alle inadempienze imputabili alla società ricorrente, che hanno irrimediabilmente compromesso la normale stipula del contratto secondo l’ordine di aggiudicazione”.
Commento a cura del Presidente della Commissione Monitoraggio Bandi e rapporti con ANAC
La sentenza